Giochi di luci e di ombre ridanno vita a
cortecce antiche, mentre oggetti e frammenti di una memoria condivisa
- una bicicletta, un lampione, una foglia ingiallita - fissano
sullo sfondo i passaggi del tempo. Lo sguardo sensibile di Dario
- il quale, attraverso queste foto, continua a prestarci i suoi
occhi - abbraccia l'intimità della natura, ma anche i volti
contratti del conflitto jugoslavo e quelli stupiti di un'Algeria
non ancora insanguinata, fino a restituirci intatte la serenità
interiore dei somali e la gioia misurata dei berlinesi appena
riuniti, espresse proprio nel momento in cui la Storia non sapeva
quale direzione avrebbe preso. E quanto Dario sapesse scavare
nella condizione umana lo si coglie senza alcuna fatica, osservando
i dettagli di una socialità rubata ancor prima di venire
al mondo, nascosta nel futuro incerto di un'Africa che arriverà
a ringiovanire un'Europa dilaniata e stanca, oppure solo immaginata,
come un bisogno riflesso negli occhi di un bambino che vorrebbe
scavalcare una grata, frapposta al desiderio di muoversi in piena
libertà. Poi ci sono i ritratti, di uomini e donne importanti,
la cui fantasia musicale, cinematografica e letteraria scandisce
da anni le nostre giornate, come scandiva le sue, così
piene di entusiasmo per la cultura e per la vita da sembrarci
sempre infinite, anche quando la ragione ci costringe ad ammettere
che esse sono terminate qui, impresse su queste stampe capaci
di ricordarci una stagione breve ma intensa, con l'aggettivo "intensa"
a consolarci per l'obbligo di usare quell'altro aggettivo, "breve",
così poco adatto a definire l'esistenza di chi sa sognare.
Infine, c'è l'emozione che ci prende nel vedere certe foto
che conosciamo bene, come quella scattata dall'alto verso il basso,
con al centro l'espressione meravigliata di un ragazzino di Algeri.
Molti anni fa, la scegliemmo insieme per illustrare la copertina
di un numero di "Luci della città", quello straordinario
laboratorio di idee - oggi lo possiamo dire, senza passare per
immodesti - che per quasi un decennio raccolse intorno a sé
una parte importante dell'intelligenza e della creatività
di questa città.
Con noi, in
quelle quattro stanze di via Gobetti, c'era anche Dario. E, per
tanti versi, c'è ancora.
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